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Mariola, il salame cotto e crudo della tradizione emiliana

La terra d’Emilia Romagna è, per tradizione consolidata, una delle “patrie” dei migliori e più noti insaccati d’Italia. In particolare, poi, la zona di Parma e Piacenza vanta – tra le altre – l’antica consuetudine della Mariola. Si tratta di un grosso salame –  mariöla in dialetto piacentino – propriamente originario dell’alta Valnure, tra i più antichi del patrimonio emiliano, che si distingue per la forma tondeggiante – che in alcuni casi ricorda la forma di una palla – dal sapore marcato e dalla profumazione speziata. Un salume che, seppur di origine emiliana, è presente anche in altre zone più o meno limitrofe. La posizione geografica di Piacenza, posta com’è tra la Lombardia e la Liguria, ha favorito un certo scambio tra ambiti regionali, con l’affermarsi però di diverse modalità di utilizzo di questo saporito insaccato. La Mariola, infatti, è presente anche a Cremona, dove viene chiamata Ciota.

La Mariola

La Mariola è citata, per la prima volta nel 1883, nel vocabolario Piacentino-Italiano creato da Lorenzo Foresti. Il termine indicava l’intestino cieco di maiale, utilizzato, appunto, per insaccare la carne di maiale. La preparazione della Mariola cruda, a Parma e Piacenza, nacque originariamente dalla necessità  di conservare a lungo le parti migliori del maiale subito dopo la macellazione, non disponendo di strumenti di refrigerazione. Tritare finemente le carni, aromatizzandole con aglio e vino e inserita nel budello, ne garantiva la protezione e la conservazione, che poteva avere la durata anche di un anno. Questa procedura era, in passato, appannaggio delle classi più agiate, mentre i contadini e le classi più povere idearono la mariola da cuocere, utilizzando i tagli meno nobili del maiale, potendo però consumarne poca per volta e secondo necessità, senza essere costretti a conservarla a lungo.

Tradizionalmente, la macellazione del maiale si effettuava nei giorni a ridosso della Madonna dell’Immacolata, e la Mariola rientrava tra i prodotti del maiale che dovevano essere sufficienti fino all’inverno successivo. Tra le caratteristiche specifiche della Mariola c’è la stagionatura, che, nel territorio piacentino, assume una caratteristica unica. Il clima collinare, caratterizzato – nel tardo inverno e in primavera – dall’afflusso di aria temperata proveniente dalla Liguria, è quanto di meglio c’è in fatto di maturazione dei salumi.

La preparazione

La Mariola cruda, tutelata da un presidio Slow Food, si ottiene lavorando parti nobili del maiale, in particolare la spalla e la coscia, che vengono macinate e aromatizzate con l’aggiunta di aglio e vino bianco. Esiste anche una versione cotta della Mariola, la cui forma ricorda invece un cotechino. Si prepara utilizzando ritagli di carne suina meno pregiati, come la guancia, la lingua, la cotenna e il musetto, aromatizzate con sale, pepe, aglio, cannella, noce moscata e vino rosso. Questa versione, destinata alla cottura, è particolarmente diffusa anche nel territorio di Cremona. Per le sue dimensioni e la lunga stagionatura, poi, divenne anche il salame delle festività natalizie per eccellenza.

Originariamente, la Mariola era preparata utilizzando le varietà suine locali, come la Mora Romagnola, la Nera Parmigiana e la Borghigiana, sostutite oggi da animali di importazione, particolarmente utilizzati per l’allevamento industriale. In questo senso, il presidio di Slow Food ha inteso valorizzare chi ancora produce la Mariola seguendo le antiche e artigianali procedure, salvaguardando anche il processo di lunga stagionatura. Processo che, se effettuato secondo i tempi previsti, può causare un sensibile calo di peso del prodotto, che in alcuni casi arriva fino al 50% di quello originario. Grazie anche a questo riconoscimento, è in aumento il numero di produttori che si dedicano alla preparazione della Mariola secondo gli antichi dettami. Tra questi, figurano alcuni produttori, nel comune di Farini, che portano avanti questa antico patrimonio gastronomico.

Il periodo di produzione della Mariola va dall’inizio dell’autunno e si protrae fino alla primavera, nel momento dell’anno in cui le temperature rigide consentono la migliore conservazione delle carni suine. Attualmente, la stagionatura standard va da un minimo di 6 mesi a un massimo di 12 mesi.

La Mariola in tavola

Il modo migliore per apprezzare fino in fondo questo salume è, nella versione cruda, quella di assaporarla al naturale, magari accompagnandola con la focaccina tipica della cucina modenese, la Tigella. Spesso, la Mariola viene servita anche, insieme ad altre specialità, a comporre il caratteristico antipasto di salumi locali, in questo caso serviti con il tipico Gnocco fritto. Nel periodo più freddo, inoltre, questo salume viene utilizzato per arricchire zuppe di legumi e di orzo, o per insaporire pietanze come le zuppe di patate e di zucca.

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La Mariola da cuocere, invece, rappresenta un piatto caratteristico del periodo natalizio. Dopo essere stata bollita a lungo, a fuoco lento, avvolta in un panno di tela, viene servita con purea di patate, lenticchie e, come si fa a Cremona, con mostarda di frutta. Esiste anche una ricetta a base di Mariola fritta, che vede l’utilizzo – come viene fatto anche con altre tipologie di insaccati bolliti – di  questo salume cotto e tagliato a fette, sottoposto poi a frittura in padella. Questa ricetta prevede una purea d’accompagnamento.

Quanto agli abbinamenti enologici, la Mariola si accompagna in maniera eccellente con due vini caratteristici della produzione locale: il Lambrusco e la Bonarda Piacentina.

Image credits: Salumificio Peveri
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