Ciclovia pugliese, Un percorso cicloturistico, della lunghezza di circa 500 chilometri, segue il tracciato dell’Acquedotto Pugliese, partendo da Caposele, in Irpinia, e giungendo fino a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce.
L’acquedotto fu costruito, tra il 1906 e il 1915, nella tratta del Canale Principale, da Caposele (Av) e Villa Castelli (Br), portando l’acqua alla città di Bari e giungendo fino a Santa Maria di Leuca, dove – nel 1939 – fu realizzata una cascata monumentale per celebrare l’evento. Si tratta di una grande opera che ebbe il merito di vincere quella che all’epoca fu definita come la “Grande Sete del Sud”. Un’opera enorme, che coinvolse fino a 22 mila operai, 60 ingegneri e 400 geometri.
Complessivamente, l’acquedotto – e con esso la ciclovia – attraversa Campania, Basilicata e Puglia, collegando l’Alta Irpinia, il Vulture melfese, l’Alta Murgia, la Valle d’Itria, Arneo e l’entroterra del Salento. Un’occasione straordinaria per andare alla scoperta di luoghi, natura incontaminata, cultura e tradizioni enogastronomiche di grande fascino. Il percorso, inoltre, è punteggiato dalle ingegnose soluzioni tecniche e architettoniche all’avanguardia per l’epoca, che furono progettate per assicurare lo scorrimento delle acque, sfruttando la forza di gravità, dando vita a una sorta di letto fluviale: strutture in pietra, ponti-canale, gallerie.
Il tracciato conta attualmente su circa 230 km di piste di servizio già esistenti, per cui metà del percorso è interamente tracciato come via verde, e quindi preclusa al traffico automobilistico. Le “greenway” sono quelle che comprendono il tratto al confine tra Campania e Basilicata, e poi quello che collega Venosa (Pz) a Seclì (Le). Per il resto, si seguono strade rurali e locali, con l’esclusione di strade statali e provinciali. Lungo il percorso esiste già una segnaletica e fontane pubbliche che punteggiano il tragitto. Inoltre, la ciclovia dell’Acquedotto Pugliese è inserita nel Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche – SNCT – e prevede un ampio programma di progettazione tecnica lungo il tratto pugliese.
1° tratto: Caposele – Calitri
A Caposele ci sono le sorgenti del fiume Sele, che possono essere visitate previa autorizzazione. Da questo punto parte il primo chilometro dell’Acquedotto Pugliese, e qui si trova l’impianto che cattura il 90% del fiume, lasciando il restante a scorrere nel letto del fiume, che corre verso il Mar Tirreno, sfociando in prossimità di Paestum.
Le paratie dell’impianto, ancora oggi, vengono azionate a mano, regolando il flusso dell’acquedotto e quello del Sele. Il percorso conduce verso Teora, dove c’è anche un Ostello della Gioventù comunale, e da qui procede in discesa, superando il lago di Conza, da cui esce il fiume Ofanto, passando per Cairano e giungendo a Calitri.
Calitri è un paese che è tornato a vivere, dopo il terremoto del 1980, anche grazie al Calitri Sponz Festival, festival musicale ideato dal cantautore Vinicio Capossela. Dominato dal Borgo Castello, con i suoi bastioni e le sue torri e il Museo della Ceramica, il centro storico conserva numerose chiese, tra cui quella dedicata a San Canio. Nelle vicinanze sorge un antico impianto di sollevamento dell’acqua, oggi dismesso, che costituisce uno dei più affascinanti esempi di archeologia industriale.
La tradizione culinaria di Calitri
Calitri si distingue per una ricca quanto antica tradizione gastronomica. I cingule, un tipo di pasta fatto in casa simile ai cavatelli pugliesi, e le cannazze, pasta lunga spezzata, si servono di solito con ragù e pecorino grattugiato. L’acquasala, invece, è un piatto a base di pane bagnato con acqua bollente salata e arricchito con uova in camicia e olio soffritto con aglio e peperoncino piccante.
Le lagane vengono condite con sugo di pomodoro e fagioli, mentre il “baccalà alla ualegna” viene servito con sugo a base di aglio, olio e peperoncino. Particolarmente rinomato è il pane di Calitri, che si distingue per la forma circolare – le “ruote di carro” – e un taglio longitudinale.
2° tratto: Calitri – Venosa
Proseguendo, la strada è in discesa e costeggia la Fiumara di Atella su cui passa il ponte del canale dell’Acquedotto Pugliese. Si entra in territorio lucano, si costeggia Rionero, si scende a valle per poi risalire verso Ginestra, piccolo centro in cui è presente una comunità Arbereshe, colonia albanese stabilitasi in questi luoghi nel XV secolo, per poi attraversare campi punteggiati dalle pale eoliche, in un territorio che ai tempi dell’Unità d’Italia era terra di briganti. Seguendo la Provinciale 10 si giunge finalmente a Venosa.
Venosa, inserito tra i Borghi più belli d’Italia, vanta una storia antica e un notevole patrimonio architettonico. Nel bel centro storico, da vedere il seicentesco Palazzo Calvini, sede del Comune, la cosiddetta Casa di Quinto Orazio Flacco, risalente al II secolo d.C. e la duecentesca Fontana Angioina, ornata con due leoni di pietra. Su tutto spicca l’imponente Castello Aragonese, risalente al 1470, fatto costruire dal duca Pirro del Balzo, che oggi ospita il Museo Archeologico. Da vedere nelle zone limitrofe sono i resti dell’anfiteatro romano, che poteva ospitare circa diecimila spettatori.
La tradizione culinaria di Venosa
La cucina di Venosa è legata alla tipica tradizione lucana. Tra i piatti principali spiccano i cavatelli e cime di rape, pasta fresca con cime di rape e soffritto di olio aglio e peperoncino, le penne con zucca e pomodori, e “u cutturidd”, carne di pecora cotta con olio, lardo, pomodori, cipolla, patate e caciocavallo stagionato. Tra i dolci non possono mancare i pizzicanell, a forma di rombo, con cioccolato, mandorle e cannella, i raffaiul, rivestiti di glassa bianca, e le “pettole” fritte.
3° tratto: Venosa – Castel del Monte
Da Venosa si prosegue seguendo la Provinciale Ofantina, in direzione di Spinazzola, al cui ingresso si staglia un impianto dell’Acquedotto Pugliese. La strada dunque si inoltra in territorio pugliese, in direzione dell’Alta Murgia, raggiungendo il maestoso Castel del Monte, la splendida fortezza fatta costruire da Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero oltre che re di Sicilia.
L’edificio, costruito con pietra calcarea, marmo bianco e breccia corallina, si staglia sulla cima di una collina, a 540 metri sul livello del mare, nella frazione omonima appartenente al comune di Andria è stato inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco.
4° tratto: Castel del Monte – Cisternino
Lasciata alle spalle Castel del Monte, si torna su strada seguendo le tracce dell’Acquedotto, seguendo piste sterrate e tratturi frequentati da contadini e pastori, oltre che da un crescente numero di ciclisti. Si entra nel Parco dell’Alta Murgia, polmone verde della Puglia centrale, attraversando boschi e incontrando aree di sosta attrezzate. Lungo il percorso si toccano Acquaviva delle Fonti, Sammichele di Bari e Putignano, in un paesaggio segnato da muretti a secco, uliveti e boschetti di querce. La vista dei primi trulli annuncia l’arrivo nella Valle d’Itria, in direzione di Alberobello.
Alberobello, vera e propria capitale dei trulli pugliesi, è inserita nell’elenco dei siti Patrimonio mondiale dell’Unesco, e conta complessivamente 1400 trulli, dislocati nei due quartieri che la compongono: Monti e Aia Piccola. La storia dei trulli risale al XV secolo, quando i conti di Conversano, signori della zona, stabilirono che si potesse costruire esclusivamente a secco, ovvero senza l’utilizzo della malta, in modo da obbligare i contadini a non erigere abitazioni permanenti.
I tipici tetti a forma di cono furono poi decorati con pinnacoli e decorati con elementi simbolici o religiosi. Oggi, il centro storico di Alberobello di presenta quindi come interamente costituito da trulli, tra cui spiccano il Trullo Sovrano, alto quattordici metri, che ospita spettacoli teatrali, concerti ed eventi culturali durante l’estate. Da vedere anche il Museo del Territorio, ospitato in un complesso che comprende ben 15 trulli comunicanti tra loro.
Dove soggiornare ad Alberobello
Ad Alberobello, l’esperienza più affascinante per un soggiorno è quella di pernottare in un trullo. Esistono numerosissime strutture ricettive ricavate all’interno di complessi di trulli, tra cui i Trulli della Seta, nella contrada di Coreggia.
La tradizione culinaria della Valle d’Itria
La Valle d’Itria offre numerose attrattive dal punto di vista agroalimentare. Particolarmente rinomati sono l’olio di produzione locale, i formaggi – ricotte, cagliate e giuncate – e i prodotti da forno, come le focacce, il pane casereccio e i taralli. Cisternino è famosa per le sue “bombette”, involtini di carne ripieni di formaggio, prezzemolo e pepe. Di rilievo i vini bianchi locali, dal particolare gusto fruttato.
4° tratto: Cisternino – Nardò
Dalla Murgia si scende verso il piano, seguendo strada e piste che toccano Ceglie Messapico e Martina Franca. Si giunge a Villa Castelli, immersa negli uliveti, dove sorge la Centrale idroelettrica Battaglia. Di qui, una fitta rete di percorsi ciclabili creati anche grazie all’intervento dei vari comuni presenti sul territorio, consente di attraversare Francavilla Fontana, Oria ed Erchie. Tra Manduria e San Pancrazio, si segue la pista di servizio del Consorzio di bonifica dell’Arneo, che corre lungo il litorale salentino, fino a giungere a Nardò.
La tradizione culinaria di Nardò
A Nardò trionfa la buona tavola della tradizione salentina. Tra le specialità locali, spiccano i ciceri e tria, ricetta antichissima il cui significato è ceci e pasta fritta. “Tria“, infatti, deriva da un termine arabo che sta per “fritto”. Si prepara con pasta fresca, senza uova, mentre i ceci si cuociono con pomodoro, aglio, cipolle e patate fino formare una zuppa. Parte della pasta viene fatta lessare in questo brodo insieme ai ceci, un’altra viene fritta e poi unita al resto.
5° tratto: Nardò – Santa Maria di Leuca
Dopo Nardò, la strada porta verso Galatone, dove sorge un antico edificio dell’Acquedotto, oggi abbandonato. Si procede poi verso Leuca Piccola, per poi piegare in direzione di Santa Maria di Leuca, terminando la corsa al Santuario. Qui si vede la Cascata Monumentale dell’Acquedotto Pugliese, realizzata nel 1939 per celebrare in maniera trionfale l’arrivo dell’acqua in terra di Salento. Conta 250 metri di lunghezza e 120 metri di dislivello, mentre la sua portata si aggira intorno ai mille litri al secondo.
A Santa Maria di Leuca, il centro più meridionale della provincia di Lecce, è possibile vedere la Basilica di Santa Maria Finibus Terrae dove, secondo la tradizione, San Pietro si sarebbe fermato durante il suo viaggio verso Roma, legato anche a un miracolo che avrebbe salvato alcuni pescatori da una burrasca nel 365.
La tradizione culinaria di Santa Maria di Leuca
Una specialità da provare è la “taieddha”, piatto a base di pasta fresca cotta con pomodori, zucchine, cozze e cipolla. La cucina lucana utilizza ampiamente anche pesce e frutti di mare: imperdibili le linguine ai ricci di mare, la zuppa di pesce e le frittelle di alghe.
Da provare anche la carne cotta alla pignata, la tipica pentola di terracotta, e la pitta, una gustosa focaccia di patate ripiena di verdure, olive nere, pomodori e cipolla. Immancabili, in fine, come in tutto il Salento, gli squisiti pasticciotti, dolci a base di pastafrolla ripieni di crema.
L’equipaggiamento adatto
La preparazione per un viaggio in bicicletta presuppone un’attenta preparazione di tutti gli strumenti, gli accessori e l’abbigliamento indispensabili a chiunque voglia affrontare l’esperienza del cicloturismo.
A partire da una buona bicicletta, i cui requisiti fondamentali sono l’affidabilità, il comfort e la capacità di trasportare carichi pesanti in relazione a lunghe distanze da percorrere. Le tipologie di bicicletta da viaggio sono numerose, e la scelta deve essere determinata anche in base al tipo di strada che sarà chiamata a percorrere: asfalto o sterrato. In questo specifico caso, si può andare a scegliere tra alcuni modelli di spicco tra l’offerta di alcune aziende produttrici che sono anche espressione del migliore Made in Italy, come la “Spillo” della Bianchi, la “Hobootleg” della Cinelli, o la “Travel” della Cube.
L’abbigliamento, con la variabile invernale o estiva, deve essere soprattutto comodo, traspirante e resistente, così come le scarpe. Anche gli accessori, come il casco e gli occhiali vanno scelti con cura per la loro comodità e resistenza, senza escludere accessori anti vento o anti pioggia se impiegati nella stagione autunnale o invernale, ma non solo.
Le migliori tecnologie, quindi, sono quelle che caratterizzano capi estremamente traspiranti e freschi per i periodi caldi, o i capi climacool, progettati per favorire al massimo l’evaporazione del sudore. Le scarpe, invece, devono essere tendenzialmente impermeabili anche se adeguatamente traspiranti.
Fonte: Cooperativa Serapia