Una delle maschere più famose sono i Mamuthones. Si tratta di uomini che indossano pelli ovine e in viso una maschera nero di legno di ontano o di pero che esprime sofferenza o impassibilità. Sulla schiena hanno sa carriga, una serie di campanacci che pesano circa trenta chili, legati fra loro con strisce di cuoio, e al collo hanno delle campanelle più piccole. I campanacci spesso erano quelli di scarto, rovinati, o presi direttamente dal collo degli animali. I sonazzos, i campanacci, hanno dei limbatthas, batacchi fatti con i femori di pecore, capre, asini o altri animali e sono fatti dagli artigiani di Tonara, altro comune in provincia di Nuoro. Gli Isshoadores hanno una camicia di lino, una giacca rossa, pantaloni bianchi, uno scialle da donna e a tracolla portano sonagli di bronzo e ottone; alcuni hanno anche una maschera bianca dalle fattezze umane.
Durante il carnevale compaiono entrambe le maschere in una sfilata. I Mamuthones sono vestiti da due persone e poi sfilano a gruppi di dodici, a rappresentare i mesi dell’anno, guidati dagli Isshoadores, che invece procedono a gruppi di otto e si esprimono in una complicata danza, imparata sin da bambini. Questa sfilata costituisce una vera e propria cerimonia ordinata in processione. I primi avanzano in due file parallele, lentamente a causa del peso che portano, e al ritmo dato dai secondi, che li affiancano. I Mamuthones, poi, per far suonare i campanacci, danno dei colpi di spalla. Gli Issohadores camminano più facilmente perché non hanno pesi e a un certo punto lanciano una fune, sa soha, per catturare gli spettatori, che così diventano prigionieri, che per liberarsi devono offrire da bere a chi li ha presi.
Il carnevale di Mamoiada ha origini antiche e molte sono le ipotesi fatte sulla sua nascita. Secondo una di queste, la festa è di epoca nuragica, come venerazione degli animali, protezione dagli spiriti maligni o augurio per il raccolto. Per quanto riguarda il rapporto fra Mamuthones e Issohadores, alcuni sostengono che i secondi siano i guardiani dei primi, i loro prigionieri Mori; altri invece fanno risalire entrambi al culto del dio Dioniso. In ogni caso, la manifestazione avrebbe a che fare con la morte e la rinascita della natura e le maschere richiamano il rapporto fra uomo e animale, sentito nella zona della Barbagia, vista la prevalenza di pastorizia e allevamento. In più, visto che le maschere erano collegate ai raccolti e alla sopravvivenza delle persone, anche se potevano spaventare erano ugualmente ben gradite e per cercare di propiziarsele si offrivano loro cibo e bevande.
Nel 2016 la festa si celebra dal 17 gennaio al 13 febbraio.