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L’arte dell’equitazione

 

La storia del rapporto fra l’uomo e il cavallo affonda le sue radici in tempi antichissimi, e non è sbagliato affermare che, fra tutti gli animali che i nostri progenitori hanno addomesticato, esso è quello che ha segnato in maniera più decisa il lento ma inesorabile percorso evolutivo della razza umana. Tutti i grandi della storia devono la loro fortuna proprio a questo nobile animale; con il progresso e l’arrivo dei mezzi di locomozione il suo “valore” è un po’ diminuito, ma di certo non è diminuito il fascino che egli sa trasmettere alle persone, soprattutto ai più piccoli. Italian Traditions ti porta indietro nel tempo per farti scoprire le origini di un’arte elegante che trasmette un profondo senso di libertà: l’equitazione.

Nel 1834 l’archeologo francese Charles Texier scoprì presso Boõazköy, sull’altopiano dell’Anatolia centrale, quella che poi risulterà essere Khattushash, la capitale dell’impero ittita. Fu qui, nella cittadella che sorgeva nel centro urbano che, durante la campagna di scavi eseguita tra il 1906 e il 1912, vennero trovate quattro tavolette d’argilla (datate attorno al 1500-1440 a.C.) con 946 righe incise sulle due facce: esse contenevano un insieme di regole sull’allenamento dei cavalli. L’opera, redatta dal mitanno Kikkuli per il re Suppiluliumas I il Grande, rappresenta la prima testimonianza scritta sinora rintracciata sull’allevamento dei cavalli, costituendo un vero e proprio manuale con un programma basato su un ciclo di 180 giornate, con regole precise, seppure riferite esclusivamente alla preparazione di cavalli da aggiogare ai carri da guerra.

Le prime testimonianze di cavalli montati ci giungono attraverso le descrizioni mitiche dell’esercito delle amazzoni e dei corpi armati del re etiope Memnone. La storia dell’equitazione e, più in generale, il rapporto dell’uomo con il cavallo hanno riguardato nei secoli un’ampia sfera di applicazione, ma, quanto all’addestramento e all’allenamento specifico dell’animale montato, per circa duemila anni l’attenzione  è stata quasi esclusivamente circoscritta alle campagne militari e alle battaglie.

Mezzo di trasporto e di lavoro per eccellenza, il cavallo cominciò ad essere utilizzato per fini agonistici e di piacere nel Medioevo. Montare a cavallo divenne fenomeno di costume per l’aristocrazia, ed esercitarsi nell’equitazione di alta scuola fu presto un obbligo per tutti i nobili. Nel Rinascimento, presso le corti d’Europa, iniziarono a svilupparsi vere e proprie scuole di equitazione dove operavano uno o più maestri al servizio dei cortigiani, e dove, oltre all’equitazione veniva insegnato l’uso delle armi, la danza, la musica, la pittura e la matematica. Il primo esemplare nacque proprio in Italia, esattamente a Napoli.

L’Accademia di Napoli raggiunse il suo massimo splendore nel XVI secolo per opera di Gian Battista Pignatelli, attirando allievi da tutta l’Europa. Il gentiluomo napoletano seppe distinguersi nell’arte del cavalcare e dell’istruire cavalli e cavalieri e fece erigere a Napoli le prime “cavallerizze” (maneggi). In quel periodo, Napoli si confermò come il centro d’irradiamento dei principi dell’equitazione e della nuova cultura che si andava formando attorno al cavallo. Se ne possono cogliere echi in tutta la letteratura del secolo, dal Mercante di Venezia di Shakespeare alle Vite del Vasari. Nella città partenopea, giungeva la nobiltà di tutta Europa per apprendere l’arte che fu di re e principi ma anche di papi, cardinali e alti prelati.

 

 

 

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