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Pompei, la città sepolta

Pensare a Pompei vuol dire immaginare subito la vita quotidiana antica – così ben documentata dagli scavi archeologici- ma anche, allo stesso tempo, la grandezza e la fragilità delle civiltà umane. Anche le più potenti e millenarie possono svanire sotto la cenere per un capriccio della natura ed è proprio questo senso di fatalità ad aumentare in noi la meraviglia della riscoperta. 

Pompei è stata senz’altro testimone di eventi che hanno plasmato la storia dell’umanità. Fondata dagli Oschi intorno al VI secolo a.C., sotto il dominio romano divenne un importante centro commerciale. La sua posizione strategica sul Golfo di Napoli la rese un crocevia vitale per il commercio nel Mediterraneo. Il destino di Pompei, com’è noto, fu tragico. Nel 79 d.C. una violenta (e del tutto inaspettata per gli abitanti) eruzione del Vesuvio la seppellì sotto uno spesso strato di lapilli e cenere vulcanica, spegnendola, ma conservandola anche per l’eternità.

Scriveva Plinio il Giovane a Tacito: “L’intero cielo sembrava incendiarsi e un bagliore di fuoco risplendeva attorno a noi. Si avvicinava la notte, non la notte che noi conosciamo, ma una notte nera e sinistra.” 

Pompei ritrovata 

Fu nel XVIII secolo, e precisamente nel 1748, che iniziò il percorso, affatto terminato, di riscoperta di Pompei. Il re di Napoli Carlo III di Borbone avviò gli scavi archeologici e, poco a poco, riportò alla luce strade lastricate, case, templi, teatri e terme. 

Gli edifici e i reperti ci parlano della vita nell’antica Roma con un dettaglio e un approfondimento straordinari. Ci ricordano soprattutto le nostre origini, ci invitano a riflettere sulle nostre abitudini, sulle convenzioni sociali, su quello che è cambiato ma anche su ciò che, nonostante la scoperta dell’energia elettrica e l’invenzione di qualche comodità, è rimasto lo stesso.

L’archeologo italiano Fiorelli, che guidò gli scavi durante il XIX secolo, introdusse la tecnica del calco per creare modelli di gesso degli abitanti di Pompei, immortalando le loro ultime espressioni facciali e i loro movimenti proprio nel momento dell’ultimo respiro. I calchi costituiscono infatti una testimonianza sconvolgente dell’impatto dell’eruzione.

Foto: Unsplash

Visitare Pompei è una scoperta continua ma nella lista dei luoghi imperdibili non devono mancare:

  • Villa dei Misteri

Sorge nella periferia orientale di Pompei ed è conosciuta per gli affreschi ben conservati che adornano le pareti. Deve il suo nome alla sala di iniziazione rituale, nota appunto come “Stanza dei Misteri”, che mostra scene di un possibile rito di iniziazione ai misteri di Dioniso. Gli affreschi, raffinati e vibranti, hanno circa duemila anni ma competono in bellezza con quelli firmati dai grandi maestri del Rinascimento.

  • Casa del Fauno

È una delle dimore più imponenti e ricche di Pompei. Le stanze, lussuose e ampie, danno una chiara idea dello stile di vita dell’élite pompeiana. La casa prende il nome dalla statua del fauno che adorna il cortile, simbolo di fertilità e prosperità. I suoi affreschi, i mosaici e le sculture testimoniano il gusto sofisticato dei proprietari e la loro ricchezza.

  • Teatro Grande

Si tratta di uno dei teatri meglio conservati del mondo antico. Costruito nel II secolo a.C., poteva ospitare fino a 5.000 spettatori e rappresentava il cuore pulsante della vita culturale e sociale di Pompei. L’acustica straordinaria e l’architettura maestosa continuano a incantare i visitatori di ogni epoca. 

  • Foro

Era il centro politico, commerciale e religioso della città. Circondato da importanti edifici pubblici e templi, come il Tempio di Giove, il Tempio di Apollo e la Basilica, il Foro era il luogo dove gli abitanti di Pompei si incontravano per discutere affari, commerciare e partecipare a cerimonie religiose. Oggi passeggiare tra le colonne e le rovine del Foro offre al visitatore la possibilità di immergersi nella vita pubblica e sociale dell’antica Pompei.

  • Casa di Sallustio

La Casa di Sallustio è una delle più opulente e meglio conservate case private di Pompei. La dimora, probabilmente appartenente a un ricco mercante, presenta una serie di ambienti lussuosi decorati con affreschi, mosaici e sculture. Prende il nome da un’iscrizione trovata al suo interno, la quale contiene un riferimento a Sallustio: resta un mistero se si riferisca al famoso storico o a un membro della famiglia.

  • Orto dei Fuggiaschi

È un giardino segreto, un orto nascosto tra le rovine di Pompei. Fu scoperto nel XIX secolo e deve il nome alle trentadue vittime che cercarono rifugio qui durante l’eruzione del Vesuvio. 

Le scoperte più recenti

Nessuno ha mai scritto la parola “fine” sugli scavi di Pompei, che continuano a rivelarsi un tesoro inesauribile di scoperte. Negli ultimi anni gli archeologi ne hanno fatte di straordinarie, come la natura morta nell’Insula 10 della Regio IX che raffigura una focaccia condita con frutta e moretum (una sorta di pesto): anche se non si tratta di una pizza la notizia ha suscitato molto clamore per la curiosa somiglianza con il piatto italiano più famoso al mondo. L’ultimissimo ritrovamento rabbuia la mente perché riguarda tre scheletri: due donne e un bambino di circa 3 anni, periti molto probabilmente non per l’eruzione ma per un crollo causato da uno dei terremoti che la annunciò.

Pompei oltre gli scavi

Se il tempo a disposizione lo permette la visita di Pompei può estendersi anche ad altre esperienze. È per esempio possibile rivolgersi ad una guida locale per prenotare un’escursione sul Vesuvio, un’attività che è sempre sorprendente per chi non è cresciuto con un vulcano vicino e può quindi, in questa occasione, comprenderne la bellezza e le devastanti potenzialità. 

Il Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, fondato nel XIX secolo, accoglie migliaia di pellegrini ogni anno ed è uno dei santuari mariani più visitati in Italia. Al di là della sua rilevanza come luogo sacro il Santuario ospita opere artistiche di fine ‘800 e inizio ‘900, frutto dell’ispirazione di Vincenzo Paliotti, Federico Maldarelli, Ponziano Loverini, Fermo Taragni. Marmi, affreschi e mosaici non deluderanno i cultori dell’arte.

Grazie al Pompei Street Festival la città è inoltre ricca di murales firmati da artisti di calibro. Il tour della street art pompeiana include, tra le altre opere, “Guarda il cielo minaccioso” di GOMAD, “Maradona” di Maximiliano Bagnasco e “Leave no stone Unturned” di Mr.Kas.

Foto : Unsplash

Sapori di oggi e di ieri: la Pompei gastronomica

Nessun viaggio può dirsi completo finché non ci siede a tavola: vale anche se state visitando Pompei dove la proposta gastronomica è ampia, divisa tra pizzerie, trattorie veraci, ristoranti stellati, bar e pasticcerie storiche. 

Il miglior consiglio possibile è quindi quello di vincere fretta e pigrizia resistendo alla tentazione di mangiare un panino al volo. Meglio accomodarsi e scegliere da un vero menù italiano, che è poi parte integrante della cultura del nostro paese. 

I ristoranti della zona offrono una varietà di piatti tradizionali campani, come la pasta alla puttanesca e la parmigiana di melanzane. 

C’è anche chi propone sperimentazioni basate su ricettari della Roma antica: il personale che accoglie i commensali indossa la tunica e serve pietanze come le acciughe fritte, la minestra di farro e ceci aromatizzata al rosmarino, la spigola marinata, le creme al formaggio caprino. Da provare il garum. Nell’antica Roma era un preparato ottenuto dalla fermentazione delle viscere di paranza, usato per condire altri piatti. Oggi (fortunatamente?) è riproposto nella forma della colatura di alici.

I palati più raffinati apprezzeranno invece il pescato locale, protagonista di proposte tradizionali o declinato con piglio contemporaneo. 

A Pompei i vitigni locali producono vini di alta qualità (tra cui il celebre Lacryma Christi del Vesuvio) che sono stati celebrati dai poeti e dagli intenditori di vino lungo i secoli.

Infine le pizzerie: per scegliere la migliore va bene affidarsi ai consigli dei pompeiani o alle recensioni in rete, senza mai dimenticare che la vera pizza napoletana è croccante fuori e morbida dentro, elastica a sufficienza per essere ripiegata a libro. Va mangiata così, con le mani e soprattutto senza sensi di colpa.

Copertina: Unsplash

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