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La grande musica classica italiana, Gioacchino Rossini 

Il melodramma italiano è stato segnato inequivocabilmente da un compositore semplicemente eccezionale: si tratta di Gioacchino Rossini, già famoso a vent’anni e massimo utilizzatore della tecnica del crescendo, poi detto appunto rossiniano, per coinvolgere ed entusiasmare il pubblico. 

Nato a Pesaro nel febbario del 1792 e cresciuto in una famiglia semplice e umile  dimostrerà come vedremo un prevoce talento. Non a caso, l’artista è stato soprannominato il “Cigno di Pesaro”. La madre, Anna Guidarini, era una discreta cantante, mentre il padre, Giuseppe Rossini, era un trombettista, nonché un fervido sostenitore della Rivoluzione Francese. Queste idee politiche portarono spesso la famiglia a spostarsi da una città all’altra, costringendo il piccolo Gioacchino a trascorrere gli anni della sua infanzia o dai nonni, o in viaggio.  

I suoi primi studi riuscì a compierli a Bologna, diventando contralto e cantore all’Accademia Filarmonica e, al contempo, suonando il pianoforte e la spinetta. A 14 anni si iscrisse al Liceo Musicale bolognese, appassionandosi a Mozart, Haydn, Palestrina e Cimarosa.  

Dopo il trasferimento a Napoli, avvenuto nei primi anni dell’Ottocento, sposò il soprano Isabella Colbran, con la quale visse per alcuni anni per poi divorziare. Successivamente, decise di spostarsi a Parigi dove conobbe Olympe Pélissier, che diventò sua moglie nel 1846.  

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Carriera e opere 

A soli vent’anni, Rossini aveva già rappresentato tre delle sue opere; l’esordio avvenne nel 1820 al Teatro San Moisè di Venezia con “La cambiale di matrimonio”. Scrisse talmente tante opere da riuscire a presentarne al pubblico anche 4 o 5 nel corso dello stesso anno, ma gli italiani non furono sempre clementi con lui: si passò, infatti, dall’incredibile successo di opere come “La gazza ladra”, “L’italiana in Algeri” e “Semiramide” al clamoroso dissenso verso “Il Barbiere di Siviglia”, probabilmente causato da detrattori invidiosi. 

Per fortuna, come tutti sanno, “Il Barbiere di Siviglia” ha conosciuto il successo poco tempo dopo, insieme all’opera “Otello”; “Semiramide”, invece, fu l’ultima opera che Rossini scrisse per un teatro italiano, dato che subito dopo si trasferì a Parigi dove divenne directeur de la musique et de la scène al Théâtre de la comédie italienne. Proprio qui mise in scena “Guglielmo Tell”, un capolavoro a cavallo tra classicismo e romanticismo.  

Dopo aver compiuto la decisione di abbandonare il teatro d’opera, Rossini attraversò una fase di crisi sia personale, che creativa. Le opere prodotte in questo periodo reggono il confronto con le precedenti in termini di qualità, ma non di quantità, tanto che la sua biografia viene solitamente divisa in due parti: la prima caratterizzata da un trionfo veloce e immediato, e la seconda più lenta e appartata.  

Sono stati tanti gli storici a essersi interrogati sul perché il compositore si sia ritirato così presto dalle scene teatrali; secondo alcuni, il motivo è riconducibile alla Rivoluzione di Luglio del 1830, che mise in crisi gli accordi presi tra Rossini e i teatri parigini, mentre secondo altri subentrò un’incolmabile incompatibilità tra l’artista e l’estetica romantica. In realtà, molti aspetti romantici sono ben presenti nel suo “Guglielmo Tell”, ma probabilmente Rossini li inserì semplicemente per dimostrare a tutti che, se avesse voluto davvero continuare, avrebbe dominato e e trionfato anche con il nuovo stile prettamente romantico.  

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Ultimi anni e morte 

A seguito della ritirata dai teatri, Rossini decise di tornare a Bologna e di rimanervi per una decina di anni. Nelle sue varie biografie viene descritto come un uomo ipocondriaco, umorale e collerico, tendente alla depressione ma, al contempo, gioviale e amante sia della buona tavola, che delle belle donne.  

Nonostante la vita appartata, continuò a comporre per la moglie Olympe e per gli amici, dando vita alle sue ultime opere sempre a Parigi, dove decise di tornare definitivamente e combatté a lungo contro un cancro al retto. Purtroppo, nonostante i due interventi chirurgici subìti, Rossini morì il 13 novembre 1868 nella sua villa di Passy. Le sue spoglie sono rientrate in Italia nel 1887 e, oggi, riposano nella Basilica di Santa Croce a Firenze.  

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Gioacchino Rossini il buongustaio. 

Come raccontato da chi lo conobbe, Gioacchino Rossini è stato una buona forchetta, un amante del buon cibo, un esperto di vini e un eccellente cuoco. Queste sue propensioni lo resero famoso, quindi, anche a livello culinario, tanto che venne spesso interpellato in occasione di dibattiti e incontri a tema enogastronomico.  

In particolare, Rossini non amava i cibi golosi, ma quelli che puntavano ad abbinamenti strani e calorici ma, al contempo, raffinati. Era capace di divorare dozzine di bistecche senza mai fermarsi e amava circondarsi di tartufi, olive, burro, carni, uova, stufati, zamponi e fois gras. Oltre a mangiare, si dilettava anche a cucinare: ha ideato ben sette ricette (lo stesso numero delle note musicali) che spaziano dai Tournedos alla Torta Guglielmo Tell.  

I suoi piatti, esattamente come le sue composizioni, erano veri e propri omaggi alla cultura gastronomica del Paese di origine di ogni singolo ingrediente; non a caso, faceva arrivare appositamente i maccheroni da Napoli, i prosciutti da Siviglia, il formaggio da Gorgonzola, il panettone da Milano e così via. A ogni modo, una cosa è certa: amava talmente tanto la pasta ripiena da ideare una ricetta apposita, cioè i Maccheroni alla Rossini! 

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