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Fontana delle 99 cannelle o della Rivera, simbolo de L’Aquila

Fontana delle 99 cannelle o della Rivera, simbolo de L’Aquila

La città de L’Aquila ha una storia plurisecolare che ha dimostrato perché è un simbolo di resistenza, forza e resilienza. Oggi è ancora ferita dal sisma del 2009 ii cui danni sono ancora oggi ben visibili, ma, nonostante ciò, il suo territorio custodisce un patrimonio artistico, cultura e architettonico non indifferente, che racchiude numerosi monumenti e opere d’arte che ne esprimono al meglio il carattere e la personalità. Tra questi, ecco la Fontana delle 99 cannelle, conosciuta anche come la Fontana della Rivera, situata nell’omonima zona. 

La Rivera corrisponde a un antico castello, l’Acquili, dal quale si dice derivi il nome della città. All’epoca della sua fondazione era considerata un’area strategica, poiché abbondante di acqua e di numerose attività artigianali. Ed è proprio qui che si erge la bellissima fontana. 

La struttura

La Fontana delle 99 cannelle è un vero e proprio simbolo de L’Aquila: è composta da 93 mascheroni in pietra e 6 pietre singole, dalle quali sgorga l’acqua. Secondo la tradizione, il numero delle cannelle corrisponde a quello simbolico delle piazze e delle chiese della città e rappresentano i 99 castelli che, nel XIII secolo, contribuirono alla fondazione de L’Aquila. 

Non a caso, quindi, la Fontana della Rivera è da sempre considerata l’opera d’arte che più valorizza ed esalta le origini autonome della città, dato che i cittadini decisero di fondarla volontariamente come città libera. 

Stando alla lapide posta sulla fonte, la Fontana delle 99 cannelle è stata eretta nel 1272 su progetto di Tancredus de Pentoma de Valva (Tancredi da Pentima), subito dopo la fondazione della città supportata da Carlo I d’Angiò. A lui e alla sua dinastia sono, infatti, dedicati i gigli posti a coronamento dell’epigrafe duecentesca. 

Realizzazione e restauri

L’aspetto attuale della Fontana della Rivera è il frutto di una lunga serie di rifacimenti e restauri che sono avvenuti nel corso dei secoli. Si presuppone che il progetto iniziale consistesse in un unico prospetto, quello orientale, più corto di quello odierno e leggermente inflesso al centro. 

Sulla parete, quindi, erano presenti solo 15 mascheroni, alternati tra sembianze maschili, femminili e zoomorfe e tutte riconducibili alla stessa mano. Successivamente, anche se di poco, sarebbe stato introdotto il parametro murario a conci bicromi, mentre l’aggiunta di nuovi mascheroni risalirebbe al Trecento.

In ogni caso, l’intervento decisivo è stato voluto da Margherita d’Austria, figlia di Carlo V, che affidò il progetto di ampliamento della fontana all’architetto Geronimo Pico Fonticulano: a lui si deve l’aggiunta di una seconda vasca e dei lati settentrionale e meridionale, oltre che il prolungamento del fronte originario. 

Così trasformata, la Fontana delle 99 cannelle divenne una sorta di piazza adibita a lavatoio pubblico. Facendo riferimento alla data più recente incisa sulla lapide commemorativa, è possibile ricondurre al 1871 l’aggiunta delle 6 cannelle prive di mascheroni presenti sul prospetto meridionale, probabilmente proprio per far sì che i getti totali ammontassero al mitico numero 99. 

Curiosità e leggende

Intorno alla Fontana della Rivera aleggiano miti, leggende e misteri. Sono davvero tanti e vale la pena di conoscerli proprio per il loro legame con il territorio e la sua tradizione. Una prima storia riguarda la sorgente di alimentazione che, secondo la leggenda, sarebbe stata tenuta segreta per evitare che uno dei castelli fondatori potesse rivendicarne la proprietà. Proprio per questo, si narra che il progettista fu addirittura giustiziato per evitare che rivelasse questo segreto.

Un’altra curiosità è, invece, legata a uno dei mascheroni, in particolare quello posto sull’angolo destro della fonte e che raffigurano un uomo con la testa di pesce. In pratica, farebbe riferimento a una favola popolare medievale nota come la leggenda di Colapesce, a sua volta riconducibile a Federico II di Svevia (al quale molti preferirebbero attribuire la fondazione della città). Il mito di Colapesce non è prettamente aquilano, anzi, Benedetto Croce ne scoprì un ritratto a Napoli, ricollegando poi l’identificazione di questo personaggio mezzo uomo e mezzo pesce proprio all’epoca di Carlo I d’Angiò. Di conseguenza, la presenza di un mascherone con Colapesce è più riconducibile agli angioini e non a Federico II. 

Che sia per ammirarne la bellezza, per ascoltare le leggende a essa legate o semplicemente per assaporare la straordinaria atmosfera presente a L’Aquila, visitare la città e fare una sosta alla Fontana delle 99 cannelle rientra tra le cose che bisognerebbe assolutamente fare almeno una volta nella vita. 

Dopo il terremoto del 2009, la fontana ha riportato alcuni danni soprattutto nel fronte destro, che sporge sul perimetro murario della città. Grazie al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) è stato possibile procedere con il restauro, volto a consolidare la struttura dell’opera e pulire il rivestimento sia della lapide, che delle vasche. 

Dal 2010 la Fontana della Rivera è stata riaperta al pubblico, il che ha permesso di raggiungere due grandi obiettivi: dare nuova luce a un monumento dall’importanza storica incommensurabile e permettere alla città de L’Aquila di mostrare il suo simbolo per eccellenza a chiunque decida di visitarla.  

Copertina: Unsplah

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