Search

Il disastro del Vajont e la forza del Made in Italy

 

Era la sera del 9 ottobre 1963. Dal versante settentrionale del monte Toc, circa 270 milioni di metri cubi di roccia scivolarono nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, provocando un’onda di piena alta oltre 200 metri. Fu questa la tragedia passata alla storia come il disastro del Vajont: quasi 2000 morti e interi paesi cancellati dalle cartine geografiche.

Progettata dall’ingegner Carlo Semenza, la diga del Vajont fu costruita tra il 1957 e il 1960 nel territorio dei due borghi di Erto e Casso, in provincia di Pordenone, in Friuli Venezia Giulia, lungo il corso del torrente Vajont, allo scopo di ottenere energia idroelettrica da una rete di bacini che coinvolgeva, oltre al Piave e al Vajont, altri fiumi dell’area. Quella sera del 1963, una serie di circostanze sfortunate fecero sì che l’enorme ammasso di roccia precipitasse ad una velocità di 108 km orari, finendo nelle acque del bacino idroelettrico del Vajont che, al momento del disastro, conteneva circa 115 milioni di metri cubi di acqua.

L’acqua della diga risalì il versante opposto distruggendo tutti i centri abitati lungo le sponde del lago nel comune di Erto e Casso, riversandosi infine nella valle del Piave e trascinando nel fango il paese di Longarone e altri comuni limitrofi. La perdita di quasi 2000 vittime stabilì un nefasto primato nella storia italiana e mondiale: si era consumata una tra le più grandi tragedie che l’umanità potrà mai ricordare.

Tra i vari fattori che nel corso degli anni hanno determinato la rinascita, anche economica, di quelle terre c’è la decisione delle grandi aziende del distretto bellunese dell’occhiale di trasferire proprio lì, a partire dalla fine degli anni Ottanta, la loro sede o i principali centri di produzione. Il “distretto degli occhiali” non è altro che la presenza massiccia di aziende che producono occhiali puntando sempre sulla qualità del Made in Italy, estesa su tutto il territorio della provincia di Belluno, dove si possono individuare tre aree di concentrazione: il Cadore, l’Agordino e le zone di Longarone, Alpago, Feltrino, Bellunese e Val Belluna. Si contano presenze significative anche nelle province di Treviso, Padova e Venezia.

Tutto ebbe inizio nei primi anni Sessanta, quando alcuni imprenditori della zona cominciarono a costruire occhiali in modo semi artigianale, un’arte, questa, che attecchì in fretta con un’espansione rapida e travolgente. Tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta, la Valle del Piave diventò una sorta di Silicon Valley dell’ottica.

Basti pensare che proprio qui, nel territorio bellunese, ha avuto inizio – e continua ancora – la storia di Luxottica, oggi una delle più grandi aziende al mondo per gli occhiali di lusso e da sole, che produce montature per marchi quali Ray-Ban, Vogue, Prada e Chanel. Sempre nella provincia di Belluno e più specificatamente in Cadore, si trova la maggior parte delle fabbriche di occhiali del Belpaese, oltre che il Museo dell’Occhiale.

Tra queste, ad esempio, la Trenti, un’azienda specializzata da 55 anni nella lavorazione di occhiali da vista e da sole, fondata nel 1959 a Calalzo di Cadore da Mario Trenti, uno dei pionieri dell’occhialeria Cadorina, l’Occhialeria Artigiana Cadorina, la ditta Borca Occhiali, ma anche aziende giovani come la Polar, un marchio che combina creatività, audacia, competenza tecnica e comunicazione. In provincia di Treviso, invece, si distingue la CiDi Eyewear Design, che produce occhiali da sole e da vista sviluppando il progetto dallo schizzo fino alla produzione, con una filiera produttiva tecnologicamente all’avanguardia.

Write a response

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Close
Your custom text © Copyright 2018. All rights reserved.
Close