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Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena 

Il Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena a Catania è uno tra i più grandi complessi monastici d’Europa e uno dei principali esempi di architettura barocca in Sicilia. Fondato nel XIII secolo, il Monastero ha ospitato per secoli diverse comunità di monaci  benedettini. Oggi è una sede universitaria e l’animazione degli studenti si sposa con uno dei luoghi più belli e caratteristici della città. La visita guidata è consigliata e vi permetterà di scoprire la storia meravigliosa di questo luogo.

Storia del Monastero di San NicolòDalle origini fino agli inizi del ‘700

Intorno alla seconda metà del XII secolo, sulle pendici dell’Etna, fu eretta una cappella e un ricovero per i monaci infermi dei vicini monasteri di Santa Maria di Licodia e San Leone del colle Pannacchio, nei pressi di Paternò. Poi, per volere di Federico III di Sicilia, fu costruito un monastero, che divenne la sede principale dei cenobi. Questo monastero prese il nome di «San Nicolò la Rena» per la devozione dei monaci a San Nicola di Bari e per la caratteristica terra sabbiosa, detta rena rossa, che ricopriva la zona. Attorno al monastero si sviluppò presto il paese di Nicolosi. Nel corso degli anni, il cenobio si espanse superando in importanza quello di Licodia. Testimonianza della sua rilevanza sono le numerose visite delle regine Eleonora d’Angiò e Bianca di Navarra, oltre al favore costante dei regnanti. Il monastero accumulò notevoli ricchezze e divenne un centro religioso di grande prestigio. 

Il termine «cenobio«, dal greco koinobion che significa vita comune, si riferisce sia a una comunità monastica in cui i monaci vivono insieme sotto una regola comune e condividono le attività quotidiane, sia spirituali sia materiali, sia a un tipo di struttura architettonica progettata per ospitare tale comunità.

Nel 1483, i monasteri benedettini di San Placido Calonerò, San Nicolò l’Arena, Santa Maria Nuova e Santa Maria di Licodia formarono la «Congregazione dei Monaci di San Benedetto in Sicilia«, approvata da Papa Sisto IV, con privilegi simili alla «Congregazione di Santa Giustina». Nel 1504, con l’annessione di Montecassino, la Congregazione di Santa Giustina divenne la «Congregazione cassinese«, e nel 1506 vi confluirono anche i monasteri siciliani. A causa delle incursioni di briganti, del clima rigido dell’Etna e dell’isolamento, i monaci chiesero di trasferirsi a Catania, città più sicura, sia per la comunità monastica, sia per la venerata reliquia del Santo Chiodo. L’eruzione del 1536-1537, che distrusse San Leone, accelerò il trasferimento. I monaci di Nicolosi, Santa Maria di Licodia e i sopravvissuti di San Leone ottennero il permesso di trasferirsi entro le mura di Catania. I monaci benedettini quindi si trasferirono a Catania nel XVI secolo e ottennero il permesso di costruire un nuovo monastero entro le mura cittadine, nell’area detta della “Cipriana» e del “Parco«. 

Nel XVII secolo, il monastero e la chiesa furono arricchiti con elaborate decorazioni, incluso un grande chiostro con colonne di marmo bianco nel 1608. L’eruzione dell’Etna del 1669 lesionò il cenobio e distrusse la chiesa di San Nicolò. I Benedettini avviarono un’imponente ristrutturazione, costruendo anche una fontana marmorea nel chiostro, e nel 1687 iniziarono la ricostruzione della chiesa su progetto di Giovan Battista Contini.

L’11 gennaio 1693, un terremoto devastò Catania, causando il crollo del monastero e la morte della maggior parte dei monaci, risparmiandone solo tre. Le strutture della chiesa, ancora in costruzione, furono risparmiate, ma i lavori furono sospesi per circa vent’anni.

Dopo il terremoto del 1693, i monaci benedettini superstiti tentarono di trasferirsi a Monte Vergine per costruire un nuovo monastero. Tuttavia, il senato cittadino li costrinse a tornare a La Cipriana nel 1702, dove avviarono la ricostruzione. Il progetto, affidato al messinese Antonino Amato, prevedeva un complesso ancora più monumentale del precedente, riflettendo le ambizioni di ricchezza e grandiosità dei monaci.

Il Settecento

Nel Settecento, il complesso cinquecentesco fu ampliato verso oriente con la costruzione di un secondo chiostro accanto a quello più antico. Altri due chiostri dovevano chiudere simmetricamente il complesso a nord, ma il progetto non fu mai completato.

Nei venti anni successivi furono realizzati gli intagli in pietra dei prospetti principali, e i lavori di costruzione, ampliamento e decorazione proseguirono per tutto il XVIII secolo. Prima fu completato il chiostro dei marmi, o «di ponente«, dove furono rimesse in opera le colonne seicentesche e la fontana.

In seguito, gli architetti Francesco Battaglia e Giovanni Battista Vaccarini ampliarono il complesso a nord. Battaglia avviò il prolungamento settentrionale verso l’alto banco lavico dell’eruzione del 1669, mentre Vaccarini modificò l’originaria simmetria progettuale. 

Le sale comuni e di rappresentanza del monastero occuparono l’area prevista per il terzo chiostro, segnando l’abbandono del grandioso progetto iniziale. 

Dopo il 1747, Francesco Battaglia completò l’opera di Giovanni Battista Vaccarini, realizzando varie strutture tra cui il ponte verso la flora benedettina, un giardino situato a est (oggi Ospedale Vittorio Emanuele II), il Coro di Notte e la continuazione dei lavori sulla Chiesa di San Nicolò l’Arena. Nel 1767, il presbiterio della chiesa fu arricchito con il grande organo di Donato Del Piano, anche se la navata fu completata molto più tardi. Stefano Ittar terminò la cupola nel 1780, ma la facciata progettata da Carmelo Battaglia Santangelo rimase incompiuta. 

Foto : Monastero dei Benedettini

Dall’Ottocento ai nostri giorni 

Gran parte del monastero e della chiesa furono completati entro l’Ottocento. I monaci arricchirono gli interni con marmi, dipinti e collezioni artistiche, archeologiche e scientifiche, rendendo il complesso famoso in Europa. Intorno al 1840, l’ingegner Mario Musumeci completò i chiostri. Nel 1866, a seguito delle leggi di soppressione delle corporazioni religiose, il monastero fu incamerato dal demanio e i monaci furono costretti a lasciare. L’ultimo abate, Giuseppe Benedetto Dusmet, consegnò il complesso alle istituzioni cittadine nel 1867. Poi, il monastero fu frazionato e utilizzato per vari scopi: caserme, scuole, istituti tecnici, Museo civico, osservatorio astrofisico, laboratorio di geodinamica e Biblioteca Civica, ora Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il complesso monastico subì danni dai bombardamenti. Dopo la guerra, il monastero, fu ceduto all’Università di Catania, mentre la Chiesa di San Nicolò fu restituita ai Benedettini. L’architetto Giancarlo De Carlo guidò un vasto progetto di recupero, trasformando il complesso in sede delle Facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e Letterature Straniere, ora parte del Dipartimento di Scienze Umanistiche (DISUM). Tra i lavori spicca la «sala rossa» di Antonino Leonardi. 

La Chiesa di San Nicolò l’Arena, progettata da Giovanni Battista Contini e iniziata nel 1687, conserva opere di vari artisti e ospita un grande organo barocco e una meridiana di 40 metri.

L’architettura della Chiesa e del Monastero di San Nicolò l’Arena

Il complesso architettonico, seguito da Francesco Battaglia e Stefano Ittar, rimase incompiuto nella facciata, ma riflette l’influenza del linguaggio architettonico romano. All’interno, ospita il Sacrario dei caduti delle due guerre mondiali, curato dalle Guardie nobili e d’onore ai Sacrari di guerra di Catania.

La Chiesa, con pianta a croce latina, è una delle più grandi della Sicilia, superando la Cattedrale di Sant’Agata. Esternamente incompiuta, presenta quattro coppie di colonne mozze e un prospetto non finito. I lavori, iniziati nel XVII secolo, non erano conclusi nel 1866, quando la struttura fu confiscata.

Gli edifici monastici di San Nicolò l’Arena, che circondano la chiesa su tre lati, occupano una vasta area e mantengono una struttura riconoscibile nonostante i cambiamenti. Separato dal resto di Catania da un alto muro di cinta con due portali principali, il Monastero di San Nicolò rappresentava l’estremità occidentale della città. Il primo portale, situato a nord, funge ora da ingresso di via Biblioteca e si trova alla fine di via Gesualdo Clementi, prosecuzione di via Antonino di San Giuliano, in origine chiamata via Lanza in onore di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, che la tracciò subito dopo il terremoto del 1693. Il secondo portale, affacciato su piazza Dante, corrisponde all’antico monastero cinquecentesco, ricostruito dai monaci dopo il grande sisma.

Dal secondo portale si accede alla vasta corte esterna, che fungeva da filtro tra il mondo esterno e quello religioso dell’edificio. Lungo il muro di cinta si trovavano locali di servizio come cavallerizze, stalle e carretterie.

Al centro della corte si erge il maestoso monastero, definito nel 1773 la «Versailles siciliana” da Patrick Brydone, uno scienziato, militare e viaggiatore scozzese.

Il monastero presenta un basso piano terreno e due piani principali, necessari per allineare il secondo piano al livello del banco lavico del 1669. Questa soluzione, insieme al muro di cinta che isolava il cenobio dalla città, rese l’edificio benedettino di San Nicolò originale nel panorama architettonico catanese.

Le facciate meridionali e orientali del monastero sono riccamente decorate in stile tardo barocco, con volute, fiori, frutti, mascheroni, putti e ninfe. Le finestre e i balconi sono adornati, mentre le paraste giganti con capitelli corinzi caratterizzano il cornicione, separato da una frangia decorativa di volute e conchiglie. Il portale principale, aggiunto da Carmelo Battaglia Santangelo verso la fine del XVIII secolo, presenta uno stile quasi neoclassico. All’interno, la struttura è molto simmetrica, con due chiostri quadrati attorno ai quali si sviluppano corridoi intersecati ortogonalmente. Lungo questi corridoi si trovano le porte delle celle dei monaci, degli appartamenti dell’abate e del re, tutti allineati sulle facciate esterne. Le scale, tra cui il grande scalone a tenaglia progettato da Girolamo Palazzotto, garantiscono i collegamenti verticali.

Il primo chiostro, chiamato di levante, è completamente porticato con pilastri e archi a tutto sesto e circondato da un fitto giardino. Inizialmente costruito solo sul lato settentrionale, fu completato nell’Ottocento aggiungendo portici sugli altri tre lati, con l’aggiunta di un Caffeaos neogotico al centro. Il Caffeaos prende il nome dal termine tedesco Kaffe-Haus, ovvero un piccolo luogo dove bere il caffè all’aperto.

Il secondo chiostro, noto come dei marmi, è il più antico e sorge sulle fondamenta dell’edificio precedente. Originariamente pavimentato con ciottoli e pietra lavica, conserva una grande fontana marmorea del Seicento al centro e portici con colonne di marmo bianco risalenti al Settecento. Tra i due chiostri si estende il Corridoio dell’Orologio, il più lungo del complesso (214 metri), collegando le ali private e di rappresentanza del monastero. Originariamente progettato con due chiostri simmetrici, fu modificato da Vaccarini nel 1739: anziché nuovi chiostri, realizzò l’antirefettorio, refettori, cucine, biblioteca e museo, seguendo una concezione barocca non simmetrica. La Biblioteca Universitaria, situata nei sotterranei, ospita mosaici di un’antica Domus romana del II secolo d.C., restaurati ed esposti nell’Emeroteca.

Sono stati ritrovati mosaici in Opus tessellatum appartenenti al Peristilio della Domus e un Triclinio risalente al II secolo a.C. Una stanza con un affresco del I secolo d.C. è chiamata «stanza della tavola imbandita«. Uno spazio sospeso con ponte facilita l’accesso alla Biblioteca, evitando danni ai mosaici romani. Durante la guerra, il seminterrato fu un rifugio antiaereo. Il Noviziato, avviato da Francesco Battaglia e modificato da Vaccarini, accoglieva novizi provenienti da famiglie aristocratiche. In architettura, il termine «noviziato» si riferisce a una sezione specifica di un monastero o di un convento dedicata ai novizi, gli individui che stanno passando attraverso il periodo di formazione e prova prima di diventare membri a pieno titolo della comunità religiosa.

L’antirefettorio è una sala rotonda decorata con colonne tuscanine, statue di putti e una cupola. Il refettorio, dal soffitto alto e numerose finestre, ricorda più una chiesa che un refettorio. Il marciapiede in cotto siciliano circonda la sala con tavoli per i monaci, mentre al centro c’è un tappeto di maioliche. L’affresco di Giovanni Battista Piparo, raffigurante la “Gloria di San Benedetto”, è sopravvissuto ed è nella sala ora utilizzata come Aula Magna Santo Mazzarino.

Le Biblioteche riunite Civica e A. Ursino Recupero, formate dalle collezioni librarie dei monaci benedettini e di altre congregazioni religiose catanesi, custodiscono circa 270.000 volumi e una vasta gamma di materiali storici e culturali. Le antiche sale del Museo, originariamente destinate alle collezioni d’arte dei monaci, ora ospitano le Biblioteche. 

Le collezioni d’arte furono trasferite al Castello Ursino di Catania negli anni ’30. La Sala Vaccarini, progettata dall’architetto omonimo nel 1733, è la sala principale, con ampie finestre ovali, scaffalature alte e affreschi di Giovanni Battista Piparo. Tra i tesori conservati vi sono antichi Tabulari dei monasteri locali, testimonianze storiche e culturali.

Come raggiungere il Monastero

Arrivati a Catania, è possibile raggiungere il Monastero dei Benedettini, attuale sede del DiSUM dell’Università degli Studi di Catania, in diversi modi. Per visitare il complesso, è necessaria la prenotazione per i tour guidati. Per informazioni su orari e modalità di accesso, consultare il sito ufficiale del Monastero dei Benedettini di Catania.

1. È possibile utilizzare gli autobus urbani che servono la città di Catania. Il Monastero dei Benedettini si trova in Via dei Crociferi, una delle vie principali del centro storico di Catania. È consigliabile consultare gli orari e le rotte degli autobus per individuare la linea più adatta.

2. Se ci si trova nel centro storico di Catania, il Monastero dei Benedettini è facilmente raggiungibile a piedi. Basta seguire le indicazioni per Via dei Crociferi, dove si trova l’ingresso principale del Monastero.

3. È possibile prendere un taxi per raggiungere il Monastero dei Benedettini. 

4. In auto, è possibile raggiungere il Monastero dei Benedettini. Tuttavia, è importante tenere presente che il centro storico di Catania è caratterizzato da strade strette e limitazioni di traffico. È consigliabile parcheggiare l’auto in uno dei parcheggi pubblici nelle vicinanze e proseguire a piedi fino al Monastero.

Copertina : Monastero dei Benedettini

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